Smettiamo di considerare i femminicidi “un’emergenza”, i numeri sono pressoché uguali da dieci anni!
I femminicidi vanno invece considerati come un fenomeno strutturale, da contrastare con politiche sociali ed economiche corrette, investendo concretamente sulla prevenzione più che sulla “punizione” che purtroppo risulta spesso inefficace e tardiva.
Dal nostro osservatorio, in prima linea e a stretto contatto quotidiano con centinaia di donne che ci raccontano le loro vite attraversate dalla violenza maschile, possiamo dire con certezza che non si sta facendo abbastanza. Le donne continuano a venire uccise da uomini che non sono stati fermati, ma anzi riabilitati come cittadini e come padri, anche continuando a manifestare condotte violente o sottraendosi agli obblighi di legge, come per esempio il pagamento del mantenimento per i figli e figlie.
Pensiamo che sia fondamentale un intervento integrato e multilivello attraverso politiche pubbliche davvero efficaci per prevenire ciò che adesso non possiamo far altro che contenere. È inutile continuare a stupirsi che le donne muoiano, quando da anni come Centri antiviolenza chiediamo che ci sia una risposta più veloce per quanto riguarda i procedimenti sia in sede penale sia civile, e la formazione di quanti operano nella giustizia e nei servizi preposti alla tutela e protezione delle donne.
Serve un cambio di passo, serve che a partire dalle Istituzioni si cominci a pensare che un grande investimento sia fatto nella prevenzione e formazione, uscendo dalla convinzione che aumentare le pene o lavorare con il maltrattante sia l’unica soluzione.
È anche per questo che riteniamo giusto rendere noto e sottolineare come nel riparto dei fondi della Legge 119 da parte della Regione del Veneto ci sia un evidente squilibrio tra Centri antiviolenza e Centri per autori di violenza: è certamente importante agire anche su chi ha la responsabilità del maltrattamento, ma crediamo che tale ripartizione penalizzi i Centri antiviolenza e non tenga conto della mole e dell’importanza del lavoro svolto dai nostri Centri.
Un lavoro che, lo ricordiamo, può fare la differenza tra una nuova vita e un posto vuoto.
Non riteniamo quindi equo che i Centri per autori di violenza ricevano 30mila euro a fronte dei 29mila destinati ai Centri antiviolenza. Dagli stessi dati dei report regionali emerge un evidente squilibrio nei numeri delle prese in carico: 248 uomini nei Centri per autori di violenza contro le più di 3mila donne accolte dai Centri antiviolenza.
Anche il finanziamento previsto per le attività di sensibilizzazione nelle scuole non è proporzionato all’impegno e alla preparazione necessari alla realizzazione dei percorsi. È certamente positivo che ci sia il coinvolgimento e il riconoscimento dei Centri antiviolenza per le competenze ed esperienze di cui sono portatori, però le risorse economiche destinate non sono proporzionate all’impegno e alla preparazione necessari alla realizzazione di progetti di prevenzione e informazione rivolte ai/alle giovani.
C’è bisogno di una vera presa di coscienza e di un impegno sinergico di tutti i soggetti coinvolti, nonché di un’assegnazione più precisa e consapevole dei fondi pubblici, per favorire davvero il contrasto della violenza di genere.
Il Coordinamento Iris è formato da 7 associazioni di donne che promuovono e gestiscono 13 Centri antiviolenza su 26 presenti nella Regione Veneto, e 7 Case rifugio. Ne fanno parte:
Spazio Donna – Bassano
BellunoDonna – Belluno
Cooperativa Iside – Mestre
Centro Veneto Progetti Donna – Padova
Telefono Rosa – Treviso
Telefono Rosa – Verona
Donna Chiama Donna – Vicenza