Uscire da una relazione violenta è possibile!
Come si manifesta la violenza
Il primo passo per uscire da una relazione violenta o da una situazione di violenza è riconoscere che la si sta vivendo.
Riconoscere che la violenza non ha scuse e non è mai giustificata per alcun motivo, che tu non hai colpe e che non puoi vivere e preservare una relazione violenta a discapito della tua sicurezza e di quella dei tuoi figli e figlie.
Non è sempre facile riconoscere la violenza come tale e questo vale soprattutto per le forme sottili e meno evidenti. Le donne stesse non sempre chiamano violenza ciò che subiscono.
È importante riconoscere la violenza e comprendere le varie forme in cui si manifesta, per poter capire quando viene messa in atto, quanto può essere grande il pericolo, quali sono le possibili conseguenze a cui si va incontro e le probabili evoluzioni.
Parlarne è il primo passo per combattere l’indifferenza che alimenta questo fenomeno.
La violenza sulle donne è violenza di genere in quanto legata alla differenza di sesso; è una violazione dei diritti umani ed è pertanto un reato contro la persona.
Comprende tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o possono provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata (art. 3 Convenzione Istanbul)
La violenza domestica comprende tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner.
Si parla anche di violenza nelle relazioni intime per evidenziare la violenza all’interno delle relazioni di coppia.
Si può considerare violenza contro le donne ogni forma di abuso esercitato nei loro confronti.
La violenza di genere può quindi manifestarsi sotto diverse forme:
- violenza psicologica
- violenza fisica
- violenza sessuale
- violenza economica
- stalking (atti persecutori)
La violenza psicologica colpisce l’identità della vittima, attacca la sua autostima e limita la sua libertà di prendere decisioni attraverso parole, atteggiamenti e comportamenti finalizzati a manipolare, controllare, denigrare.
Si tratta quindi di comportamenti che ledono la dignità della donna. Esempi di violenza psicologica:
- Comportamenti dispregiativi e denigratori sistematici attraverso parole umilianti e offensive, ridicolizzazioni, rimproveri, critiche avvilenti, continui confronti con altre donne o precedenti partner.
- Insulti, urla, minacce, ricatti.
- Controllo sulle azioni, sulle parole e sui pensieri (controllo degli orari, delle spese, delle relazioni, correzione continua delle parole e frasi).
- Limitazione della libertà personale nei movimenti e spostamenti (obbligo di uscire di casa solo in certi orari, obbligo di non uscire sola).
- Isolamento relazionale e sociale (esclusione dai contatti sociali e familiari).
- Tradimenti, inganni, menzogne che negano la realtà.
- Gelosia patologica (dubbi costanti sulla fedeltà; impedimento o rimprovero per l’incontro con uomini al lavoro, per strada, in famiglia, tra amici).
- Imposizione di un determinato abbigliamento e/o di determinati comportamenti.
- Ostacoli a perseguire propri obiettivi e desideri.
- Chiusura comunicativa.
- Sovraccaricare di impegni e responsabilità riguardanti la gestione familiare.
- Far credere di essere pazze (gaslighting).
Per violenza fisica si intende ogni forma di intimidazione o azione in cui venga esercitata la forza fisica su una donna, sul suo corpo e/o sulle sue proprietà al fine di punirla, intimidirla o costringerla a fare qualcosa.
È compresa quindi una vasta gamma di comportamenti, che possono andare da un semplice spintone all’omicidio.
Le aggressioni possono essere evidenti o più subdole oppure essere rivolte a qualcosa a cui la persona tiene (animali, oggetti, mobili, vestiti) o a qualcosa che le è indispensabile (documenti, il permesso di soggiorno).
La violenza fisica è sempre accompagnata dalla violenza psicologica e il suo culmine è il femminicidio.
- Spintoni e strattonamenti
- Schiaffi, pugni, calci, morsi, testate, cadute provocate
- Trascinare per i capelli o per un braccio, sputare addosso
- Percosse o lancio di oggetti
- Tentato strangolamento, soffocamento, ustioni
- Ferite provocate in vario modo
- Bruciature e ustioni
- Minacciare di fare del male con oggetti, rompere oggetti per intimidire
- Minaccia di utilizzare armi
- Isolamento in casa o altrove (sequestro di persona)
- Privazione di acqua e cibo
- Privazione delle cure mediche
Il rapporto sessuale viene imposto come un dovere coniugale impedendo il dissenso e la negazione. Viene violata e annullata la libertà di scelta della donna.
L’obiettivo dell’aggressore è umiliare e far vergognare la vittima, imponendo il proprio potere.
Ogni imposizione di pratiche sessuali indesiderate o di rapporti che facciano male fisicamente e che siano lesivi della dignità, ottenute con minacce di varia natura rientrano nella violenza sessuale:
- Pressioni e ricatti per sottoporsi a rapporti sessuali non desiderati.
- Richiesta assillante o imposizione di pratiche sessuali indesiderate e/o sentite come umilianti.
- Imposizione di rapporti sessuali non protetti.
- Divieto di far ricorso alla contraccezione.
- Palpeggiare, imporre la visione di materiale pornografico.
La violenza economica comprende ogni forma di privazione o controllo che limiti l’accesso all’indipendenza economica di una donna.
E’ una forma difficile da riconoscere ma estremamente importante perchè le limitazioni economiche sono uno degli ostacoli più importanti allo svincolo e alla fuoriuscita dalla relazione maltrattante.
Il potere e il ricatto economico possono essere infatti utilizzati per mantenere la donna nella situazione di dipendenza e di impossibilità di lasciare il partner.
- Impedire di trovare un lavoro (oppure obbligare a lavorare anche per lui) sabotando i tentativi di ricerca e mantenimento del lavoro.
- Impedire scelte di studio finalizzate a migliorare la propria istruzione.
- Negare i soldi per spese familiari o altre spese.
- Annotare tutte le spese della partner per controllarne l’attività.
- Rubare soldi alla partner o ai figli.
- Giocare d’azzardo compromettendo il tenore di vita della famiglia.
- Prendere decisioni finanziarie importanti senza consultare la partner o senza il suo accordo.
- Coinvolgere la donna in truffe facendo ricadere su di lei debiti e sanzioni.
- Accumulare debiti e rate in arretrato.
- Privare delle informazioni relative al conto corrente e alla situazione patrimoniale e reddituale della famiglia.
- Costringere la donna a spendere il proprio stipendio per coprire tutte le spese domestiche.
- Costringere la partner a trattative umilianti per ottenere il denaro per le spese quotidiane della famiglia.
- Costringerla a firmare contratti e finanziamenti senza fornirle spiegazioni o chiarimenti.
- Intestare tutti i beni a nome proprio o a nome dei propri familiari per impedire ogni accesso legale ai beni comuni.
- Impedire di accedere ai conti bancari comuni.
- Dopo la separazione, rifiutarsi di pagare l’assegno di mantenimento.
Comprende ogni forma di comportamento molesto persecutorio e assillante e non gradito alla donna, in grado di suscitare preoccupazione, paura e ansia.
La donna soggetta a stalking si sente fortemente limitata nella sua libertà, ha paura ed è costretta a modificare le sue abitudini di vita per sfuggire al controllo dello stalker.
Sono considerati atti di stalking:
- Ripetute e insistenti comunicazioni moleste non desiderate (telefonate, sms, WhatsApp, email, scritte su muri o strada).
- Seguire in maniera ossessiva tutte le attività che la vittima svolge sui social network.
- Appostamenti e inseguimenti.
- Invio di regali non graditi.
- Minacce e atti intimidatori.
- Diffamazione.
- Pedinamenti.
Si verifica quando i bambini sono spettatori di una qualunque forma di maltrattamento o di atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su un genitore – di solito la madre – o altra figura di riferimento come fratelli o sorelle.
I bambini vittime di violenza assistita sono testimoni involontari diretti delle violenze quando queste avvengono in loro presenza. Oppure possono venirne a conoscenza quando qualcuno, volontariamente o inconsciamente, li informa in proposito.
Possono anche percepire situazioni di violenza quando avvertono tristezza, terrore, angoscia e un continuo stato di paura della madre nei confronti del padre; o quando vedono lividi, ferite, vestiti strappati, lacrime.
Riportiamo le parole della scrittrice Michela Murgia:
“La parola femminicidio non indica il sesso della morta. Indica il motivo per cui è stata uccisa. Una donna uccisa durante una rapina non è un femminicidio. Sono femminicidi le donne uccise perché si rifiutavano di comportarsi secondo le aspettative che gli uomini hanno delle donne. Dire omicidio ci dice solo che qualcuno è morto. Dire femminicidio ci dice anche il perché.”
Le donne vittime di violenza domestica sono reticenti a parlare della loro situazione per vergogna, per paura che il compagno lo venga a sapere, per timore di essere giudicate e di non essere credute o perché pensano che sia colpa loro.
È molto importante che la donna si senta a suo agio e al sicuro nell’aprirsi, che incontri dall’altra parte un atteggiamento non giudicante, e che non si senta forzata a prendere decisioni.
Spesso al maltrattamento si associa un forte isolamento e una chiusura verso l’esterno. Anche solo la tua vicinanza e solidarietà sono quindi molto importanti.
- Accogli la sua sofferenza e ascoltala senza giudicare.
- Nomina in maniera chiara la violenza e parlane in modo diretto.
- Non minimizzare il suo vissuto.
- Non cercare le sue colpe: non se l’è andata a cercare!
- Indirizzala ad un centro antiviolenza.
- Ricordati che non si può mediare con un partner violento.
- Ricordati che ogni donna è padrona delle sue scelte: nessuno può decidere per lei.
- Non sostituirti alla donna: ragiona con lei per evidenziare le alternative e sostienila nel metterle in atto.
- Non giudicare e non forzarla “per spronarla”.
- Non trattarla come se fosse “malata”: rischi di trattenerla nella sua posizione di vittima.
- Condanna sempre la violenza.
- Cerca di essere presente per lei: l’isolamento sociale è una delle armi del maltrattamento.
- Tieni a mente che si può uscire dalla violenza: tante donne ce l’hanno fatta!
- Liberati dai pregiudizi perché non ti consentono di riconoscere la realtà.
Riscontri una situazione che stai vivendo?
Se pensi che non ci sia una soluzione, che nessuno ti possa credere, che lui cambierà come ti ha promesso, che potresti perdere i tuoi diritti di permanenza in Italia o che ti possano venire sottratti i tuoi figli, sappi che:
- La rassegnazione e il silenzio non sono le uniche risposte possibili.
- Molte donne ce l’hanno fatta.
Donne di ogni condizione sociale, di ogni età, di ogni grado di istruzione e cultura.
Donne che hanno scelto di parlare della paura e della vergogna e che hanno deciso di non essere più sole, di rompere il silenzio, di urlare BASTA.
Donne che insegnano che non ci si salva da sole.
Non sei sola, siamo qui per aiutarti, contattaci con fiducia:
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