Marina Abramović nasce a Belgrado il 30 Novembre 1946. Nasce in una famiglia benestante, i genitori furono entrambi partigiani durante la seconda guerra mondiale, per questo i primi anni di vita li trascorre cresciuta dalla nonna materna ricevendo un’educazione legata alla sua profonda fede ortodossa.

Nonostante l’educazione rigida, in famiglia viene presto incentivata ad esprimersi attraverso l’arte e dal 1965 al 1970 frequenta l’Accademia di Belle Arti di Belgrado, successivamente la sua formazione continua a Zagabria, dove inizia ad usare il suo corpo come strumento artistico, iniziando così a dedicarsi all’arte performativa.

Nel 1973 l’incontro con l’artista Joseph Beuys segna un punto decisivo per la sua carriera, gli “Happening” di Beuys infatti sono di grande ispirazione per Abramović tanto da farle capire che sarà la performance la sua forma di espressione.

Un altro punto di svolta arriva con l’incontro dell’artista Ulay, incontrato ad Amsterdam durante un incontro per artisti performativi. Abramović decide di andare a vivere con lui abbandonando la sua vita a Belgrado. L’unione dei due artisti darà vita non solo a una lunga relazione ma anche a un importante sodalizio artistico, i due infatti realizzano diverse opere tra cui “Relation Works” e “Nightsea Crossing”.

Marina Abramović è per l’arte performativa un vero punto di riferimento.

La sua è certamente un’opera dai caratteri anticonformistici, riflessivi, fuori dagli schemi e profondi. Attraverso le sue performance, l’invito è a riflettere su sè stessi, sul ruolo che l’essere umano ha nel mondo e in che modo si relaziona con i suoi simili. Esempio più lampante è dato dalla primissima opera di Marina Abramović, Rhythm 0, del 1974 tenutasi a Napoli nello Studio Morra. Completamente inerme e passiva per sei lunghe ore, si era messa alla mercè del suo pubblico che di lei avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. La situazione è degenerata a tal punto da far scoppiare una lite tra chi inveiva contro Abramović e chi tentava di difenderla.

Il suo lavoro esplora la body art, l’endurance art, l’arte femminista, il rapporto tra performer e pubblico, i limiti del corpo e le possibilità della mente. Attiva da oltre quattro decenni, Abramović si definisce la “nonna della performance art”. Ha aperto la strada a una nuova nozione di identità coinvolgendo gli osservatori, concentrandosi sul “confrontare il dolore, il sangue e i limiti fisici del corpo”. Nel 2007 ha fondato il Marina Abramović Institute (MAI), una fondazione senza scopo di lucro per la performance art.

Fonti:
https://www.tate.org.uk/art/artists/marina-abramovic-11790

https://en.wikipedia.org/wiki/Marina_Abramovi%C4%87